JASON SHAND - Selfish Bitch
Nessuno di noi è perfetto e tanto meno esente da critiche. Ogni volta che usciamo di casa troviamo il modo per innervosirci del comportamento del prossimo: da quella signora acida che non ci ha fatto passare avanti alla cassa del supermercato nonostante avessimo in mano solo un pezzo di pane, fino all'automobilista che finge di non vederci attraversare e passa a tutta velocità.
Non serve girarci intorno, siamo tutti più o meno egoisti, la differenza tra la persone consiste solo nel fatto che qualcuno non lo dà a vedere e qualcun altro lo mostra palesemente. A volte tendiamo a nascondere il nostro lato peggiore per una civile convivenza o per non deludere le aspettative di chi ci sta accanto, ma siamo creature complesse e ognuno si regola come meglio può.
Le parole in apertura di questo articolo sono ispirate all'ultimo fantasioso singolo di Jason Shand intitolato Selfish Bitch. In questo brano sperimentale il cantante ci parla del nostro atteggiamento in relazione ai comportamenti degli altri e del fatto di come siamo disturbati da atteggiamenti che mettiamo in atto anche noi.
Il brano si apre in modo minimalista, c'è soltanto una cassa in quattro che batte un ritmo dance elettronico su cui intervengono poche note di chitarra. Jason si inserisce in questo contesto ritmico con una linea vocale dinamica e quasi logorroica, simile ad uno sfogo personale. Mano a mano che la strofa procede la melodia viene armonizzata da una seconda voce che rimbomba nello scarno apparato musicale d'accompagnamento.
Le note di chitarra si articolano per offrire un centro armonico di riferimento alla voce che continua ad evolvere la propria linea melodica. Intorno al minuto e venti di durata siamo raggiunti da un suono di synth che anticipa l'ingresso di tutta la band. E' in questo punto che vengono sciolte le riserve e inizia la vera narrazione strumentale, ma non dura molto tempo.
Il brano torna infatti su toni rarefatti e descrittivi in cui l'unica costante è la cassa della batteria. In queste parentesi sospese siamo affascinati dai suoni che fluttuano intorno alle parole e che creano una dimensione introspettiva ricercata. Il brano oscilla tra la parte "volatile" e quella più rock come a voler rappresentare la differenza tra come ci si percepisce e come si appare agli altri.
Sotto quest'ottica il brano sembra quasi assumere le fattezze di una richiesta di tolleranza nei confronti degli altri, ma anche di noi stessi. Nella vita di tutti i giorni siamo presi da mille pensieri e noi siamo i primi ad anteporre il nostro benessere a quello degli altri, quindi giudicare troppo duramente gli altri sarebbe quanto meno ipocrita.
Un brano bizzarro e affascinante che funge anche da spunto di riflessione, consigliatissimo!